Uno spirito di osservazione speciale, fuori dal comune.

Uno spirito di osservazione speciale, fuori dal comune.

L’esperienza dietro l’immagine premiata al BBC Wildlife Photographer of the Year 2020: il racconto di Andrea Pozzi ad un amico.

“Ti devo raccontare quello di cui sono stato testimone oggi. Ora mi trovo in auto, è notte e sto tornando al paese.

Il tempo stamattina sembrava stabile e quindi ho deciso di mettermi in cammino per un’escursione di circa 7 ore, un percorso sulla carta di una quindicina di chilometri, con un dislivello di circa 500 metri. Ero convinto che sarebbe stata una grande giornata immerso in quei paesaggi e in quelle foreste primordiali, che amo e che a lungo ricercavo. La salita verso la cresta di una montagna mi avrebbe permesso di apprezzare la fantastica vegetazione che riveste i pendii di fronte a un magnifico vulcano innevato. Dopo diversi giorni di pioggia, seppur magnifici, oggi sembrava tutto diverso e quindi ho deciso di dedicare la mia giornata a una lunga esplorazione, con l’idea di spingermi dove ancora non ero arrivato.

In mattinata raggiungo un piccolo villaggio rurale dove in un minuscolo supermercado acquisto dei biscotti, un po’ d’acqua, dei cracker e frutta. Mi aspettava un’entusiasmante giornata di esplorazione!

Dopo mezzogiorno mi metto in cammino e verso il tramonto mi trovo in cresta. Rapito da luci e colori mi godo il panorama che mi circonda in pura ammirazione, sento di aver conquistato quello che cercavo da settimane. Che bei momenti di pace, di solitudine, euforia e a tratti di malinconia. Decido di attendere l’ora blu, sai che rappresenta uno dei miei momenti preferiti della giornata, e qui i colori autunnali emergono in tutto il loro splendore, facendo risaltare quell’esercito di “ombrellini” fatto di araucarie, alberi millenari che mi hanno spinto in quest’area per il secondo anno consecutivo.

Durante la giornata nei boschi non ho incontrato anima viva, se non nella prima parte dell’escursione.

Sono le 18.30 quando scatto l’ultima foto della giornata: il paesaggio mi lascia sgomento, sono di fronte a un pattern che si estende all’infinito, sembra quasi che il mondo sia completamente rivestito di un tessuto vegetale straordinario.

Comincia a imbrunire, la fotocamera legge i dettagli del territorio in maniera ottimale ed enfatizza quei contrasti che sognavo di poter testimoniare, quando decido di riporre l’attrezzatura nello zaino per cominciare la discesa verso la foresta, visto che mi separano 3 ore  di cammino dal punto di partenza del mio trekking.

Metto lo zaino in spalla e un improvviso flash attraversa la mia mente: sento il cuore fermarsi per un istante, pensando ad un dettaglio che potrebbe costarmi caro…

Capisco in un lampo di avere sottovalutato il trekking odierno: fermandomi in quota godendomi la natura e fotografando fino a dopo il tramonto, mi rendo conto che il buio avanza ad ampie falcate. Normalmente avrei avuto con me acqua in abbondanza, tutti gli oggetti del caso e soprattutto una luce da testa in caso di rientri al buio. Io la lucina l’avevo nello zaino, penso. Solitamente quando parto per un viaggio porto sempre con me una luce da testa con pile di scorta di modo che da essere coperto per qualsiasi evenienza. Il cellulare oltre a illuminare poco potrebbe scaricarsi e spegnersi in un attimo, non si può fare affidamento. Per questo ennesimo viaggio in Sud America però avevo portato con me una luce da testa diversa, un bellissimo regalo di mio zio Bruno. Una luce davvero fantastica, di quelle che ti permettono anche di creare fasci molto potenti e di isolare dei dettagli nel territorio anche a grande distanza, regolandone l’intensità.

Mi viene poi in mente che quella lucina era stata utilizzata qualche settimana prima durante i trekking in Patagonia ricordandomi di non averla mai più ricaricata! La lucina non presenta nessun indicatore di carica, lasciandomi quindi in balia della stessa…

Cerco di rimanere tranquillo, al momento si vede ancora e mi impongo di  camminare il più possibile nella penombra senza sprecare quella preziosa risorsa. Il telefonino segna meno del 40% di batteria ma se accendessi la luce credo che durerebbe pochi minuti, è ormai vecchio e non posso farci affidamento.

La durata di questa lucina diventa quindi un’incognita. È un po’ come se mi avessero detto: “hai una borraccia d’acqua, sai che qualcuno ci ha già bevuto, nella stessa quindi potrebbero esserci 3/4 del contenuto, oppure la metà, oppure 1/8 e tu devi sopravvivere per una settimana. Che cosa faresti tu? Berresti avidamente o centellineresti il contenuto evitando di morire poi disidratato?

Comincio a scendere senza fasciarmi la testa, fortunatamente in cresta c’è ancora un po’ di luce data dal crepuscolo e quindi riesco ad orientarmi.

Appena faccio ingresso nella foresta, nella foresta più fitta e buia di sempre, mi rendo conto di non vedere più nulla. Le lievi tracce del sentiero sono sparite, così quando incomincio a inciampare e a rischiare di prendermi una brutta storta capisco che è giunto il momento di attingere da questa risorsa importantissima. Illumino quel tanto che basta per potermi muovere e mi accorgo immediatamente di essere circondato da figure sempre diverse e incombenti: sono entrato a far parte di una fiaba.

Il buio e la mancanza di riferimenti ti insegnano a vedere.

Continuo a procedere abbastanza tranquillo e con ottimismo, convinto che la lucina non mi tradirà, perlomeno non nell’immediato, in caso di emergenza utilizzerò la carica restante del telefonino.

Mi rimprovero pensando a quanto sia stato imprudente, avevo con me il Power Bank in auto e non ho pensato di portarlo con me. Mi stupisco di me stesso siccome preferisco sempre prevenire e sono solito avere le idee chiare sul materiale da portare con me durante un’escursione.

Rimango quindi in balia di questa luce siccome la luna questa notte non esiste ed è diventato buio in mezz’ora.

Quella luce fino a un momento prima era così preziosa ma ora improvvisamente decido di abusarne. La lampada mi permette di regolare il fascio di luce illuminando prima alberi più lontani e poi dettagli a pochi centimetri dai miei occhi. Improvvisamente tutti i particolari emergono e mentre scendo di quota decido di  mettere un po’ di musica sul mio telefonino per incrementare quella sensazione di magia e anche per farmi compagnia, perché in fondo quando si cammina da soli al buio c’è anche un costante timore che ti accompagna. Ascolto così dei pezzi che facevano parte di un videogioco che amavo qualche anno fa: si chiamava Oblivion – The Elder Scrolls e ricordo i pomeriggi autunnali trascorsi davanti allo schermo perdendomi nei paesaggi incantati e senza confini. Il mio obiettivo era semplicemente quello di esplorare, senza meta. Una vita virtuale che mi permetteva di sognare orizzonti lontani. Grazie alla sua musica accolgo la notte con un’eccitazione particolare, che mi fa soffermare per guardarmi attorno con l’aiuto della lucina che mi permette di studiare le piante, per capire che cosa hanno da raccontare in questa notte senza vento. Mi perdo in ogni singolo dettaglio, in ogni forma e poi alzo gli occhi verso le stelle, che attraverso i rami sembrano così nitide e vicine.

Spengo la luce per guardare attraverso le fronde degli alberi e le loro barbe primordiali: la profondità di campo sembra annullarsi, gli alberi paiono incollati alle stelle. Che spettacolo.

Avanzando mi ritrovo una ragnatela sul naso, una ragnatela che probabilmente prima non c’era. Immagino quindi il ragno intento a lavorare mentre io mi dedicavo all’esplorazione della cresta della montagna.

Appena un po’ più avanti comincia un canneto, e i canneti  in queste aree raggiungono altezze importanti. Quello che mi trovo davanti ora non è altissimo ma raggiunge almeno i 2 metri.  Mi trovo canne sia a destra che a sinistra, si chinano verso il sentiero facendolo assomigliare a un passaggio segreto, mi sembra di essere una sorta di Mosè fra le acque! Subito dopo però immagino proprio il contrario, come se da un momento all’altro questo canneto si potesse chiudere inghiottendomi…e con in mente questa scena, non so per quale motivo, mi appare l’immagine di un puma! Prima non ci avevo pensato, siccome il puma è un animale che collego così tanto alla Patagonia… ma so che abita anche queste aree. Dovesse comparirmi davanti credo che morirei ridendo, semplicemente perché non mi sembrerebbe vero!

Allungo il passo in un attimo di turbamento beccandomi una barba penzolante in faccia. Certi rami infatti si protraggono verso di me, mi soffermo quindi a toccare quei parassiti che pochi giorni fa sotto la pioggia avevano un aspetto viscoso, assomigliavano a un intreccio elastico ancorato saldamente ai rami, chissà da quanti anni! Stasera invece la barba che mi ritrovo in faccia è diversa. Non appena la tocco mi di sbriciola in mano e cade a terra, come se fosse stata lì, posata da millenni, e si trovasse  sotto chissà quale incantesimo. Chissà quali dinamiche ruotano attorno a queste minuzie, forse avranno un’età anche loro…

È incredibile vedere come possa cambiare un piccolo dettaglio della natura. Tenendo la lucina in mano per avere più maneggevolezza, illumino per terra e investo un’altra ragnatela con un ragno bianco, quasi trasparente, che si dimena e che in un attacco di aracnofobia mi immagino incollato al mio polpaccio per i successivi 200 metri. È incredibile come al buio emergano i dettagli in maniera differente, percepisci persino gli odori diversamente…

A un certo punto avverto un rumore strano, che scopro poi essere un gocciolio. Girandomi verso destra vedo in alto una roccia che sporge sul sentiero, mentre il rumore era provocato da goccioline che cadevano proprio da quella roccia. Più in alto ancora la mia torcia illumina un’immensa araucaria e allora provo a immaginarmi i secoli di storia racchiusi in questo scorcio incredibile.

Immaginiamo che quell’albero avesse 1000 o anche “solo” 800 anni. Sarà stato alto dai 20 ai 30 metri e si trovava proprio sopra questa roccia, mentre dalle radici sembrava di veder fuoriuscire la linfa.

Le gocce cadono da quella roccia da migliaia di anni se non da milioni, chissà da quanto tempo si trova lì, testimone di ogni eruzione vulcanica di questa zona costantemente tormentata da violente calamità. Che privilegio. Sono qui, in questo momento, da solo in questa incredibile nottata. Non avrei mai voluto terminare questo mio peregrinare.

Adesso mi sembra veramente di essere il personaggio di un videogioco, non può essere vero tutto questo. Che bello. Proseguendo, entro improvvisamente nel ventre di una pianta colossale. Crollata sul sentiero, lo avrebbe ostacolato se qualcuno non ci avesse scolpito una porticina per poterla oltrepassare. Mi chino per passarci attraverso, un gesto che avevo fatto anche all’andata ma che al quale non avevo dato così tanto peso. Quando sei lì al buio e vedi queste scene le apprezzi in maniera differente. Mi è piaciuto anche il fatto che la mano umana abbia dovuto intervenire per creare una porta in un tronco, che avrà avuto un diametro di almeno 2 metri! Mi sentivo in un mondo fatato.

Non so come mai ma in questi giorni ho pensato che vorrei pensare più spesso a mio nonno. Mi rendo conto che mi viene sempre in mente quando faccio le cose più emozionanti nella natura, le cose che mi ha insegnato lui quando andavamo in montagna…

Sento la necessità di avere la mente libera, senza pensare troppo alla fotografia, perché è l’esperienza quello che ci rimane prima di tutto e le emozioni che scaturiscono da essa.

Questa discesa nelle tenebre di stasera è stato un qualcosa di adrenalinico: all’inizio un po’ il timore, poi la paura e infine la tranquillità e la beatitudine nell’accorgermi di trovarmi in un luogo speciale, in un momento privilegiato, con quella lucina che all’inizio è la tua salvezza e poi diventa invece una fonte di abuso e così preziosa, non più per tornare verso l’auto evitando una notte all’addiaccio, ma per vedere quello che era lì nascosto a un centimetro dal mio naso. Alla fine, con sorpresa, la lucina è durata fino alla fine.

Doveva essere così, per forza di cose.

Sono pieno di gioia, in una maniera pazzesca, è tutto così fantastico.

Questo cielo poi, che bello! Che bello, È sempre lì quel cielo, lo guardiamo raramente. Non è mai uguale il cielo, non è mai uguale!

Ci avrò messo 2 orette a scendere, arrivo alla macchina esausto, davvero esausto ma di emozioni più che fisicamente. Sazio, pieno di emozioni, questa sera andrò a riposare e sarò la persona più felice della Terra.

Salgo in auto e imbocco la strada sterrata che taglia un campo di lava per tornare al villaggio. Passano pochi minuti e davanti agli occhi mi passa un’anima, un’anima color argento che mi si muove davanti. Freno di colpo per vederci chiaro, si appoggia su un ramo secco biforcuto alla mia sinistra. Saremo stati a 4 metri, forse anche meno. È una civetta o un gufo o un barbagianni, non chiedermi cos’era, mi documenterò. Era del colore dell’argento e così anche il ramo biforcuto! Sembravano fatti della stessa materia. Sono rimasto incantato e istintivamente ho voluto prendere il binocolo per guardarlo negli occhi. Puntavo i fari a questa creatura, seppur non abbaglianti per non disturbarlo. Afferro il binocolo che era al mio fianco sul sedile del passeggero, siccome lo tengo sempre a portata. Rigiro lo sguardo e vedo solo il ramo che si muove – dun dun dun – traballava. In quel momento mi dico: “l’avrò visto o era un sogno?”.

Questa era la continuazione della suggestione di quello che avevo vissuto prima…

Quello sì che era mio nonno, mio nonno che mi salutava e mi tranquillizza per i miei pensieri recenti. Saranno trascorsi 5 secondi, 3, 10, non lo so. Non è importante, è durato poco ma l’ho visto! L’ho visto, era lì.

E quel ramo che traballava così, in quella maniera, era semplicemente la conferma di averlo visto!”

Sicuramente di quella giornata rimarranno le foto, soprattutto la foto premiata.

Le cose più importanti sono tuttavia racchiuse qui sopra, a conferma che nella vita sono le esperienze che contano, che ti forgiano, che ti fanno crescere e che ti avvicinano alle persone che ami e a cui vuoi bene (persino quando sono lontane da te o se ne sono andate). La fotografia è un mezzo che ti permette di vivere esperienze che normalmente non vivresti, e che ti concede il privilegio di sviluppare uno spirito di osservazione speciale, fuori dal comune.

Le foto rimangono tali e il valore di ognuna di esse lo puoi conoscere solo e soltanto tu.

Voglio continuare a costruire il mio puzzle, viva la vida!

Andre


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